La storia di Gianni

Un figlio ti cambia la vita. Nel momento stesso in cui avviene il concepimento, l’aurea di luce che emana una donna non ha eguali. I suoi occhi cambiano di colore e intensità, i suoi movimenti divengono più attenti e posati per proteggere quella nuova piccola grande vita che le cresce dentro. Quando ho scoperto di aspettare un secondo bambino non stavo nella pelle. Anche Boyko, il mio primo figlio, ne era entusiasta, tanto che abbiamo deciso di far scegliere a lui il nome: si sarebbe chiamato Gianni.

Gianni è nato in una calda giornata di fine Luglio 2010. Il primo screening neonatale ha evidenziato subito alcune anomalie tuttavia, dopo ripetuti esami, nessun medico ha saputo spiegarmi esattamente quali fossero le reali problematiche. Al quinto screening, infine, i medici mi hanno tranquillizzata, dicendo che gli esami fatti risultavano nella norma.

Dicono che le donne abbiano un sesto senso. Beh, se questo è vero, le mamme ne dovrebbero avere almeno 7 o 8 di sensi! Fatto sta che ho sempre saputo che mio figlio non era completamente a posto. Durante il primo anno della sua vita, infatti, parecchi campanelli d’allarme hanno contribuito ad avvalorare la mia tesi. Gianni non parlava, non rispondeva o non si girava quando lo si chiamava, non camminava.. sembrava vivere in un mondo tutto suo, un mondo ovattato e silenziosissimo.

Vivendo in un paese diverso da quello natale, così lontana da parenti e persone care, mi sono ritrovata sempre più sperduta e spaventata. Ho cominciato ad annaspare, a disperarmi, tra medici che non sapevano darmi risposte chiare e certe e Gianni che non faceva progressi nella sua crescita. Grazie all’aiuto di una mia amica fidata, Roberta, che mi ha messo in contatto con una dottoressa otorino-laringoiatra molto valida, sono riuscita a far eseguire a Gianni esami più specifici e ad ottenere il tanto atteso esito e risposte più esaustive. Ricordo di aver atteso il responso nel corridoio del reparto pediatrico del Gemelli per oltre due ore, che sono state di sicuro le più lunghe della mia vita. Quando l’esito è arrivato, mi è crollato il mondo addosso. La dottoressa Fetoni mi investiva con fiumi di parole inerenti la diagnosi, i rimedi, le cure, i passi da effettuare , i tentativi, i successi ottenibili e non, ma di tutto ciò riuscivo a recepire solo 3 parole: sordità profonda bilaterale.

Mio figlio è sordo. Questo riuscivo a pensare, tutto il giorno e senza tregua. E quel 22 settembre 2011 rimarrà in me per sempre come una data indimenticabile, il giorno in cui ho scoperto che Gianni aveva un handicap, che tutte le parole di amore che gli avevo sussurrato erano state inascoltate, che tutte le canzoncine per farlo addormentare erano state vane, solo nenie prive di suoni, movimenti labiali senza rumore. Come ovatta nelle orecchie. Come pietre nella bocca.

Gli fu impiantata una protesi per quattro mesi, senza dare però i risultati sperati. E’ stato per cui messo in lista d’attesa per il primo intervento di inserimento di un impianto cocleare che gli avrebbe permesso di sentire da un orecchio prima, e dall’altro poi, mediante il secondo intervento a distanza di un anno dal primo. Quel giorno , quel Marzo 2012, è stato un connubio di emozioni diverse: dal sollievo provato per la reale soluzione che permetteva a mio figlio di tornare a vivere appieno la vita, al dolore del momento in cui me l’hanno tolto dalle braccia per metterlo su quel lettino di ospedale che lo avrebbe portato dritto in sala operatoria, un letto così grande per un corpicino tanto piccolo! Sentivo il peso della solitudine, durante quelle ore trascorsa da sola ad aspettare che tornasse, e la paura e il senso di impotenza che pervadevano il mio cuore. Mi sentivo come un Don Chisciotte contro i suoi mulini a vento, come un Davide contro il suo Golia. Mille e milioni di pensieri mi passavano per la testa, poi il vuoto, poi ancora pensieri  e infine quella maniglia che si è aperta e la mia amica Roberta che ha fatto capolino nella stanza, venuta li per darmi conforto e una solida spalla su cui piangere nei momenti più duri.

L’operazione è andata bene. I suoi tempi di ripresa sono stati molto veloci, anche se dovette stare un mese ad impianto spento, per permettergli di abituarsi a quella nuova parte del suo corpo. Fu un mese di impazienza, di attese e speranze, di gioie e dolori. Ma il giorno dell’attivazione finalmente arrivò. L’11 aprile 2012, il giorno in cui Gianni rinacque. Lui che non aveva mai vissuto il mondo appieno, per la prima volta ascoltava la voce della mamma, del papà e del fratellino. La sua reazione? Un pianto accorato! Esatto, come il pianto accorato dei neonati quando vengono alla luce e tutto il loro mondo fatto di sicurezze, di protezioni, di silenzio, di oscurità e di pace, viene sconvolto e si trovano per la prima volta a contatto con la luce, il freddo, la fame… la vita! Per Gianni fu solo rumore, voci, suoni e risate, quei “Ciao Gianni” che rimarranno per sempre nella sua e nostra memoria come testimonianza del momento della sua rinascita.

Da quel giorno in poi è stato tutto un crescendo di fattori positivi. I suoi primi passi, le lezioni dal logopedista, la musica in macchina, i cartoni animati. Tutto era nuovo e assolutamente bello non solo agli occhi e alle orecchie di Gianni, ma anche alle nostre, perché sapevamo che finalmente anche lui partecipava con noi a quel piccolo grande momento.

La sua capacità di adattamento è stata sorprendente. Ha dimostrato di avere una forza e una caparbietà durante questo percorso, non ancora finito e tutto maledettamente in salita, che mi ha sorpresa. Gianni risponde bene alle lezioni della logopedista, apprende in fretta ed è un bambino sorridente e gioviale nonostante quello che ha passato.  Ogni suo successo è un nostro successo, ogni nuova parola un trionfo, ogni sillaba una forte speranza.

Se mi fermo a guardarmi indietro mi vedo tanto diversa. Un figlio ti cambia la vita, è vero, ma non immagineresti mai che sia capace di cambiare anche te stessa. E invece succede proprio questo. La madre timorosa e debole di due anni fa non esiste più. Al suo posto c’è una roccia, un pilastro capace di sorreggere il peso dei problemi e di dare forza ai propri figli. Ha capito che era necessario farlo, tanto per Gianni, così piccolo e bisognoso di aiuto, quanto e soprattutto per Boyko, che ha dovuto sopportare tutto il peso di questa difficile situazione, che l’ha capita e che è stato capace di tirarmi fuori sorrisi in momenti in cui attorno a me vedevo solo ombre e buio. Boyko mi è stato accanto, si è preoccupato per me quando piangevo e ha aiutato il fratellino in tanti modi, mettendo da parte la gelosia che i fratelloni generalmente provano per i nuovi arrivati e condividendo tutti i suoi giochi con Gianni, accompagnandolo nel suo percorso mano nella mano, per fargli sentire che c’era, anche se non lo poteva sentire. Tutta la sua forza ha dato coraggio anche a me. E per questo lo ringrazierò sempre, perché è stato e sarà sempre il mio migliore amico.

Un grazie particolare va a mio marito, senza cui non sarei mai riuscita a superare tutto questo, né avrei potuto dar vita a questa splendida famiglia. Ringrazio inoltre l’associazione Il giglio di Zepponami per aver organizzato il battesimo di Gianni, offrendo anche una buonissima torta. Ma soprattutto ringrazio Roberta, per me una seconda mamma e amica cara. Dire grazie di cuore a tutti coloro che ci sono stati accanto nel momento del bisogno con parole di conforto, è doveroso. Sono stata accolta benevolmente in questa comunità di persone così buone, tanto gentili da farmi sentire di nuovo a casa.

A tutte le mamme che iniziano questo percorso nuovo vorrei dire di essere forti, di stare accanto ai loro bambini, di armarsi di tanta sana pazienza per poter insegnare loro nuove paroline e di non mollare mai, di credere sempre e sperare, perché la soluzione esiste e i vostri figli, come il mio, potranno tornare ad ascoltare la vita e a gioire dei suoi piaceri. Perché la sordità non è più quell’orco cattivo delle fiabe che tanto ci impaurisce. Perché noi non la temiamo più, ma la affrontiamo a testa alta e la vinciamo, per il bene dei nostri bambini.

Gianni in ebraico significa “Dio ha avuto misericordia”. Paradossalmente qualcuno potrebbe pensare che non sia il nome di certo più azzeccato per lui. Io invece credo che nome più esatto Boyko non lo potesse trovare. Dio ci ha messo di fronte a una prova difficile. Ha messo Gianni di fronte a una prova più grande di lui. Il fatto stesso che questo straordinario bambino stia tirando fuori tutta questa forza di volontà, la voglia di risalire la china e farcela, mi fa capire che Dio ha avuto veramente misericordia di noi, perché ci ha fatto dono della cosa più bella in assoluto: Gianni. E Gianni è Fede! E’ Dio.

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