La disabilità invisibile

A chi non capita ogni tanto di ripensare a momenti belli e brutti del passato? Certo, in un momento di tranquillità e non tutti i giorni perché ormai siamo immersi nella frenesia quotidiana, tutti di corsa e con poco tempo per stare un po' da soli con se stessi. Di tempo, qualche volta, ne ho di più rispetto a chi lavora, a chi ha figli, a chi vive da solo e ha le intere giornate programmate o a chi fermo proprio non ci sa stare o più semplicemente non vuole, per evitare di pensare e magari di fare i conti con il passato e con il presente. Era da poco che iniziavo a mettere la matita nera dentro gli occhi e una matita sulle labbra, eppure compravo un ombretto, poi una matita, un rossetto, un fard, un pennello, un fondotinta e così via. Mi sono riempita la stanza di trucchi. I miei genitori mi davano la paghetta settimanale e la spendevo tutta in make-up. Finiti gli studi e diplomata con tanta fatica al Liceo Artistico, a 19 anni, non sapevo ancora cosa avrei voluto fare da grande. Alle scuole medie i professori ce lo chiedevano "Cosa vuoi fare da grande?"; in base alle nostre risposte ci consigliavano l'eventuale titolo di studio per il proseguimento alle superiori. Da sempre ho il problema della sordità e a scuola ho avuto difficoltà nello studio. Ho avuto l'occasione di frequentare un ottimo corso di trucco nel quale si studiava la sua storia, sin dagli anni '20 all'epoca moderna; trucco sposa, cinema, teatrale, fotografico e drag queen. Finito il corso ho sostenuto l'esame finale con tanto di diploma, con il massimo dei voti. Pian piano ho iniziato a lavorare come truccatrice per: "Ciao Darwin", "Uomini e donne", "C'è posta per te", "Amici", "Italia's got talent" insomma i programmi di Maria De Filippi e poi "Forum" con Rita Dalla Chiesa. Collaboravo anche con fotografi per book cinema e moda; ho incontrato diversi personaggi famosi tra cui Fabrizio Frizzi, Elsa Di Gati, il regista Roberto Cenci, Gerry Scotti, Raul Bova, Fabio Cannavaro. Cannavaro, beh, non potevo non approfittare per abbracciarmelo un pochino, il tempo di uno scatto fotografico con il vecchio cellulare startac! A 23 anni, durante una collaborazione con un fotografo sul terrazzo del suo studio e sotto al forte sole, mi sono accorta che vedevo delle cose strane, sembravano cordicelle nere ma comunque un po' trasparenti e a seconda di dove spostavo lo sguardo sopraggiungevano di riflesso. Si tratta delle più comunemente chiamate "mosche volanti" o miodesopsie. Dopo aver fatto un elettroretinogramma ho scoperto di avere la Sindrome di Usher, quindi Retinite Pigmentosa associata alla ipoacusia. Effettivamente notavo da tempo le difficoltà a spostarmi dietro le quinte molto buie dei teatri televisivi; tra persone che vanno di corsa, valigie e oggetti lasciati in terra, dossi che coprono i mille mila fili elettrici. La diagnosi me ne ha dato la conferma, la consapevolezza: finché non ne avevo non mi sono resa conto di quali fossero veramente i miei limiti. I bambini in questo sono molto più bravi perché vivono e si comportano come se non sapessero quali sono i limiti e le difficoltà, agiscono, affrontano, si buttano. A causa della mia ipovisione notturna ho dovuto smettere di guidare di sera, il lavoro richiedeva continui spostamenti in auto e a qualsiasi ora, e anche psicologicamente mi sono sentita andare sempre più a terra; ormai ero consapevole che i miei occhi non mi permettevano più di avere la stessa libertà di movimento e la precisione nel creare makeup. Ci ho rinunciato, ho rinunciato al lavoro per il quale ero portata e che avevo sempre desiderato con tutta me stessa. Successivamente mi sono buttata in altre esperienze lavorative, tutte diverse tra loro: come promoter, cassiera, commessa, segretaria ma in ognuna ho avuto difficoltà a causa dell'udito e della poca propensione delle persone a capire chi è in difficoltà. Avevo le protesi acustiche ma mi sentivo un pesce fuor d'acqua, tra i responsabili e i colleghi che si lamentavano o che facevano battute e persino i clienti scocciati che dovevano ripetere le cose due o anche tre volte. Qualcuno che sapeva apprezzare la mia gentilezza e la mia disponibilità c'era e sono persone che non potrò dimenticare facilmente. Forse mi vedevano imbranata, disattenta, maleducata, ma avevo un problema: la sordità! La sordità è una disabilità invisibile e ognuno di noi la vive diversamente. C'è chi da bambino sa già cosa vuole fare da grande, chi nonostante le difficoltà decide di laurearsi, chi inizia l'università e poi la lascia scoraggiato. Protesi acustiche e impianto cocleare aiutano, certo che aiutano, ma allora avevo due protesi e una sordità piuttosto grave, quindi in ambienti rumorosi non potevo comunque lavorare e rendere quanto un normoudente, anche per il semplice fatto che riuscivo a parlare con una sola persona per volta. Anzi, forse ci mettevo più impegno e dedizione ma quello che conta oggi è quanto vendi e quanto riesci a produrre. Una cosa la voglio dire dell'attuale società; siamo tutti malati di superficialità, di arroganza, di cattiveria gratuita, di competizione, di pregiudizi. Una disabilità che si vede è palese, ma esistono disabilità invisibili. Non si vedono ma ci sono. Chi non le vive non può capire, ma sono sicura che non le capisce chi non vuole capirle; eppure basterebbe così poco. Siamo persone. Siamo persone come tutte le altre. Siamo persone come tutte le altre anche con qualche difficoltà in più. Siamo persone come tutte le altre che nonostante qualche difficoltà in più o qualche limite possono fare una vita normale. Abbiamo solo bisogno di essere messi nelle giuste condizioni, di essere capiti e non compatiti o isolati o discriminati. Gli ostacoli li sappiamo superare nonostante la società sia malata. La sordità è un macigno per chi la vive, quindi se vi dovesse capitare una persona che sente poco e non vi interessa mettervi nei suoi panni o semplicemente scambiarci due parole, girate i tacchi e camminate più lontano che potete, in silenzio. "Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te."

 

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